È proprio l'energia di questa ricuperata verginità a frenare crudelmente l'adesione ad un film come TETRO. Follemente, è il caso di dirlo, autoriale: intimo e autobiografico nel groviglio di tante traversie represse, ma egualmente ansioso di ripartire in altre direzioni suggerite dal racconto, fotografato in un bianco e nero classico sopraffino, ma curioso come sempre nell'uso delle nuove tecniche digitali, avido di sfondi sapienti e spettacolari, ma preoccupato di musicarli e sonorizzarli in una costante sfida all'enfasi.

Il sommo regista Coppola è probabilmente un modesto sceneggiatore. Trascinata dai quartieri popolari di Buenos Aires ad un assurdo festival fra le allucinanti montagne della Patagonia, l'infinita resa dei conti fra due fratelli, condizionata dalla prepotenza di un attore come Vincent Gallo, minacciata dall'incombenza paterna del peso di un Klaus Maria Brandauer non può che finire per destabilizzare l'entusiastica buona volontà dello spettatore.